martedì 30 gennaio 2018

COLLETTIVO CINETICO


CON UN CORPO DIS-UMANO
di Maria Cristina Reggio
Era il 2008 quando il gruppo  CollettivO CineticO, nato nel 2007 fondato dalla coreografa Francesca Pennini in collaborazione con il regista  Angelo Pedroni realizzava PIN:######, una installazione corporea nella quale il soggetto era il corpo umano la cui carne veniva  riprogettata dagli interventi chirurgici. Parafrasando la novella di Collodi, Francesca Pennini lavorava sull'immagine-storia di un Pinocchio rovesciato, alla ricerca dell'annullamento dei tratti che lo identificano: un Pinocchio "sfacciato", brutalizzato, il cui naso non si allungava, ma, al contrario,  era di-segnato, come succede nella  chirurgia plastica, con un procedimento mirante piuttosto a rimodellarlo, scorciarlo, omologarne la misura.  Fin dagli esordi dunque il lavoro del CC esplora come un microscopio diversi segmenti e organi  del corpo: i denti, le dita, gli occhi, la pelle, la retina, le unghie, con un procedimento in controtendenza e fortemente critico rispetto alla diffusione omologante della cura e modellazione patinata dei corpi che ossessionano il nostro tempo.  Entra, modifica, modella, distorce, rivelando una potenzialità immaginativa critica e sovversiva. 

Nel sistema degli oggetti 
La strategia operativa del CC opera all'interno  di campi semantici circoscritti dal "sistema" degli  oggetti che popolano la società dei consumi, con cui fraternizzano con più facilità rispetto ai segni culturali "alti", siano questi ultimi letterari o visivi: vestiti, gadget, prodotti del supermercato, miti televisivi.  Facendo continuamente il verso all'estetica del glamour, macinano gli oggetti e rigurgitano segni che nel vissuto quotidiano popolano inoffensivi gli spazi umani senza destare particolari paure o sospetti, ma che assumono nei loro lavori un'aura vitale, talvolta persino pericolosa. Un caso esemplare è la mazza da baseball, già protagonista di Arancia meccanica nel film di Kubrick e, successivamente, in Funny Games di Haneke, e che I CC  riattivano (...)  in diverse performance come per esempio in  |x| N, non distruggeremo(...)  utilizzandolo come  strumento "indagatore" , brandendo  il quale i performer, privati della vista mediante  una benda, si aggirano in mutande,  muovendosi a tentoni, novelli Alex lobotomizzati e innocui, nelle case, nei bar, nelle piazze delle città. 

Let's play. Chi fa il performer e cosa fa lo spettatore? 
I danzatori  sono coloro che si espongono "allo sguardo degli spettatori come animali allo zoo, come prodotti negli scaffali del supermercato, come fenomeni inspiegabili" (così scrivono nel loro sito) spesso acefali, perché con con teste oscurate da semplici copricapo inventati o rimediati con cappelli ready made: in questo esporsi senza vedere chi guarda c'è la fascinazione per l'atto stesso dell'esporsi cieco da peep show. Ma qui si scambiano le carte, non c'è solo il sistema definito che assegna un posto e un ruolo all'attore e al  pubblico, ma si vogliono mettere a nudo le parole stesse come pubblico e privato.  Il privato diventa pubblico e viceversa, con una ricerca di tutto ciò che questo atto reversibile mette in moto, a partire dall'obbligo della parte di voyeur affidata allo spettatore, ma  anche a quella di recluso osservato del performer. Un performer atletico che poco finge, ma che piuttosto gioca una parte non troppo diversa da quella della sua vita.  Nel 2009 realizzano Diluire la prossimità, azioni pubbliche per spazi privati, una performance in live streaming nel corso della quale diversi atleti si alternano nello spazio di un bagno pubblico del Radialsystem di Berlino ( uno spazio per l'arte contemporanea) in cui era piazzata una webcam e venivano proiettati nella galleria Marchesi di Ferrara in occasione della mostra dell'artista  Andrea Amaducci.  http://andreaamaducci.blogspot.it/p/books.html

Stigmatizzando , ma al tempo stesso celebrando l'iconografia di massa, il CC  mette a tema parole e termini alle quali ci si è assuefatti, ma con l'intento chiaro di  per ricontestualizzarle  attraverso  un esercizio che è contemporaneamente sia critico che fisico, e comunque dinamico: feedback, link, tag, parole che riconfigurano il nostro sistema di  scrittura digitale,  in questo caso vengono adattate a quello specifico  della scrittura scenica, in cui si deve andare alla ricerca degli elementi con cui creare nuove composizioni e vengono tradotti in cinèmi, così li definiscono, elementi segnici del movimenti fisico del performer.  Perfino i titoli delle loro azioni o installazioni utilizzano non solo le parole, ma tutti i lemmi della tastiera, compresi i segni grafici, stimolando il lettore-osservatore ad orientare il suo pensiero critico  curioso per  cercare di attribuire a ciascun trattino o simbolo, ogni volta, un nuovo  il significato contestualizzato.  Nel già citato |x| N, non distruggeremo (...) propongono (2010) agli spettatori un dispositivo interattivo costituito da una tastiera attraverso la quale gli spettatori possono dirigere il movimento di tre performer che esplorano uno spazio. 

Per un teatro aleatorio 
Le performance sono strutturate e organizzate come se fossero  organismi viventi, non fissate e definite, ma in costante evoluzione.  Spesso l'evoluzione della performance è la performance stessa, senza una narrazione lineare, ma costruita come una successione di strutture in continua mutazione. Anche se sembra  ottusamente  prono di fronte alle strutture disperse e rizomatiche di deleuziana - foucaultiana memoria, tuttavia questo sistema di ricerca appare rigoroso, e fortunatamente, più libertario di quanto la filosofia dei francesi tanto di moda consentano.  Pennini e Pedroni sembrano  piuttosto inclini alle procedure  ironiche, leggere e al tempo stesso caustiche  di Cage e al suo serissismo, quasi sacro  rapporto con l'alea. Suggeriamo qui la lettura del breve testo di presentazione del loro progetto di spettacolo intitolato C/o , per il quale hanno previsto uno svolgimento di dieci anni.  

Con questo gruppo diventa pensabile un teatro aleatorio. Non basato semplicemente  sull'improvvisazione dell'attore, ma su un utilizzo aleatorio di strutture drammaturgiche chiuse e originariamente predisposte,  il cui ordine in sequenza tuttavia cambia secondo  la scelta di strutture occasionali ogni volta diverse. Nel caso di Age, per esempio, nove "esemplari", "tipi"di teenager millenial  numerati vengono "chiamati", come in una sorta di ruba-bandiera,  da un computer con voce metallica inumana e feroce, la cui finestra di home page si proietta sul fondale  selezionandoli per esibirsi su  un palco- ring,  impartendo a  ciascuno  l'ordine di eseguire un compito  strettamente connesso alla sua morfologia fisica, ai suoi gusti, alle sue abilità alle esperienze e cosiddette competenze personali.  http://www.collettivocinetico.it/video-age.html
Più spinto verso il gioco e meno riuscito è  il progetto di Amleto, nel quale gli spettatori, coinvolti in una selezione per il migliore attore che potrebbe rappresentare un ipotetico Amleto, sono i responsabili di una immaginaria carneficina di Amleti non scelti  e per questo  distesi sul palcoscenico, come i morti del celebre dramma scespiriano. 
Aleatoria è la struttura del lavoro di Collettivo Cinetico, attraverso la quale Antonio Pedroni e Francesca Pennini disorganizzano la logica  razionale in favore della logica del caso, mantenendo un rigido involucro all'interno del quale iniettare le loro microstoria, come nel caso di Syphidarium, una storia sul celebre balletto La Sylphide  che, danzato per la prima volta interamente sulle punte da Maria Taglioni,  è all'origine della nascita danza classica e  che  attraversa la morte de La Sylphide , uno "sguardo archeologico che (ndr) si fa corpo nella tradizione del balletto e ne abita le carcasse così come i silfidi vivono e depongono le uova nei cadaveri", come scrive Giuseppe Distefano su Artribune  il 17/10/2016. 
Come in tutti i loro spettacoli, anche nell'ultimo lavoro, Benvenuto umano, la multimedialità non è strumento utile e rassicurante, ma ancora una volta un interessante grimaldello di disorientamento, disordine e  disturbo: i danzatori che danno inizio allo spettacolo hanno il viso coperto da visori di cartoncino (splendida tecnologia cheap, vintage, poco satinata, almeno nelle apparenze, ma in teatro è l'apparenza che conta)  all'interno dei quali sono inseriti smartphone che consentono loro di vedere i movimenti di Francesca Pennini che, visibile solo agli spettatori in platea, conduce la danza. I danzatori muniti di visore ripetono i suoi movimenti, ma con il ritardo causato dal ritardo tra un’azione  e il suo effetto tecnologicamente mediato: un esempio di quanto la multimedialità possa essere utilizzata criticamente, consentendo  di toccare sul vivo l'ossessione dell'immediatezza che si accompagna all'uso delle nuove tecnologie.  Si rilegga, o magari si legga, se possibile, a proposito, Remediation di  Bolter e Grusin . 

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