Nel sec. VII aC, Talete di Mileto, filosofo alla ricerca dell’arché, ovvero del principio originario dell’universo e della natura, ipotizzava che ogni materia fosse fatta di acqua: affermava infatti che tutto ciò che è vivo ha il carattere dell’umidità, e che la Terra fosse un disco ondulato che appoggiava sull’acqua, quindi l’acqua rappresentava la sub- stanza, ovvero sostanza originaria.
L’acqua ci protegge fin dalla gestazione: durante i nove mesi di vita intrauterina, infatti, il feto è circondato dal liquido amniotico, che si trova all’interno del sacco amniotico nell’utero e che permette di far crescere il nascituro in un ambiente ideale, con una giusta temperatura costante, protetto da traumi e infezioni.
Questo fluido è inoltre una riserva di liquidi e sostanze nutritive per il feto, poiché, sebbene composto principalmente da acqua (99%), contiene anche lipidi, proteine, elettroliti, immunoglobuline e vitamine della madre. Il volume di liquido amniotico aumenta con l’avanzare della gravidanza: a 12 settimane di gestazione il ventre materno ne contiene circa 30 ml, a 17 intorno ai 200 ml, mentre da 34 a 36 settimane più o meno un litro e si mantiene poi costante rinnovandosi ogni due ore.
La composizione del liquido amniotico varia durante la crescita dell’embrione. Nel primo trimestre è formato prevalentemente dal plasma della madre (la parte liquida del sangue) e dalla trasudazione dei liquidi dai vasi sanguigni della placenta e del sacco amniotico. Dal secondo, invece, è prodotto in quantità notevoli dal feto stesso, attraverso un’urina sterile (circa 800 ml al giorno verso il termine della gravidanza) e mediante secrezioni del tratto bronchiale e nasale.
La composizione è dunque mista, essendo prodotto sia dalla madre che dal nascituro, formando un sistema chiuso in perfetto equilibrio: il feto lo ingerisce continuamente, il suo intestino lo assorbe e in questo modo bilancia la formazione dell’urina, mantenendo l’equilibrio ottimale. Al momento della nascita, quando il sacco amniotico si rompe e il liquido fuoriesce durante il travaglio, questo liquido aiuta il nascituro a uscire dal canale del parto.
Bill Viola (New York, 1951) The Passing,
Per l’artista americano l’acqua è elemento primordiale per eccellenza: nell'opera video The Passing, (1991), l’acqua è il luogo fluttuante sua della nascita, morte e rinascita. In una intervista egli racconta infatti di essere caduto, a sei anni, in una piscina e di esserne riemerso perché salvato dallo zio.
Bill Viola, The Reflecting Pool, (1979) Viola scrive che "l'opera riguarda l'emergere dell'individuo nel mondo naturale - una sorta di battesimo". The Reflecting Pool è per lui come "una raccolta di cinque opere indipendenti che, nel loro insieme, descrivono le tappe di un viaggio personale utilizzando immagini di transizione - dal giorno alla notte, dal movimento all'immobilità, dal tempo all'atemporalità, ecc. Ogni opera esplora tecniche e tecnologie video specifiche, in combinazione con le potenzialità spaziali del suono stereo".
Roni Horn (1955),
Water Teller, (2011-2014)
E’ una installazione dell'artista e scrittrice americana costituita da otto dittici realizzati tra il 2011 e il 2014, ciascuno dei quali consiste in quattro immagini del volto del famoso fotografo tedesco Juergen Teller riflesso nell’acqua: ogni volto è diverso dagli altri per qualche piccolo particolare, essendo restituito dall’acqua.
Si tratta di una performance in forma di monologo dell'artista che parla dell'acqua.
Parlare dell’acqua è come parlare di sé. Saying Water è una performance di parole in cui l’artista parla delle qualità dell’acqua: "When you talk of the water, are you talking of yourself, or the weather?" The river surrounds you, and takes you away. Dark water makes you invisible, while also relieving you from the demands of sight. Thinking about water, is thinking about the future. And importantly, water is sexy. Because it is powerful, vulnerable, energetic, fragile. Near it. Immersed in it. Deeper into it. Washing all over me." (..) Water is… everywhere differently, a spiritual presence, an intimate experience, half the sky, an act of perpetual motion, familiar but elusive, troubled or calm, rough and disturbed, quiet, clear, still, cold or hot, brash or brisk, soft or hard, foul or fresh, limpid or languid, sweet, agitated, unsettled, deep, clean or filthy, a utopian substance, powerful, vulnerable, fragile, energetic, the future, a plural form, a master verb.
Water… reassures you, affirms you, shows you who you are, extends you out into the world, camouflages light, sighs, sucks, laughs, splishes, splashes, slashes, washes, murmurs, gushes, bubbles, babbles, shimmers, shines, gleams, twinkles, sparkles, blinks, winks, waves.
Black water… is always violent; it dominates; it’s alluring; it’s black milk; it’s life threatening; it’s mesmerizing.
L’acqua del fiume è anche acqua sporca, inquinata:
“not just the rats and sewage but the viruses and bacteria like hepatitis, dysentery, E. coli, biles and even a remnant of the plague… the polyphenols… the trichloral ethanes…”
Così si conclude il suo monologo:
“when you look at water, you see what you think is your reflection but it’s not yours; YOU are a reflection of water.”
La scrittura di questo testo è stata concepita durante il suo soggiorno presso l'installazione "A Room for London", nell'ottobre 2012, un battello installato sul terrazzo della Queen Elisabeth Hall che si affacciava sulle rive del Tamigi. La sua residenza faceva parte di un progetto più ampio intitolato Hearts of Darkness, in cui artisti e "clandestini" di altre professioni erano invitati dalla Fondazione Artangel a creare qualcosa di nuovo legato al fiume.
Già negli anni ’90 Horn aveva iniziato a raccogliere le riflessioni sull'acqua che legge nel suo testo: sono frasi concepite dall'artista stessa oppure citazioni di vario genere dalle poesie di Emily Dickinson, da un romanzo di William Faulkner, da un film di Michelangelo Antonioni e dalle canzoni di Aretha Franklin etc.
Some Thames (2000), altro lavoro sul tema del Tamigi, un'installazione permanente che si trova all’interno dell’Università di Akureyri in Islanda, composta da 80 fotografie con protagonista l'acqua del fiume londinese, sparse per gli spazi pubblici dell'università.
Questo lavoro è stato installato anche in molti altri luoghi diversi.
Klara Hobza, Diving Through Europe, (2013-35)
Klara Hobza è una artista visiva ceca nata a Pilsen nel 1975 e attualmente residente a Berlino.
è un suo progetto che comporta l'immersione dal porto di Rotterdam al Mar Nero attraverso vari canali d'acqua per un periodo di venti o trent'anni.
L’artista documenta i suoi progressi in vari formati: mappando il corso, descrivendo il suo regime di allenamento, filmando gli esercizi di immersione.
Diving Through Europe è iniziato nel 2010, quando l'artista ceca è tornata in Europa dopo un periodo di otto anni trascorso a New York. Essa stessa racconta in una intervista di essersi trovata su un treno da Berlino a Praga, con le montagne alla sua destra e l'Elba alla sua sinistra, contemplando la differenza tra i paesaggi europei e quelli nordamericani. "L'aspetto dei fiumi in Europa è molto diverso da quello del continente americano" spiega nell'intervista, "Qui la maggior parte dei fiumi sono incanalati, compressi. In America sono indisciplinati, si diramano dappertutto e finiscono nelle paludi. Essendo tornata in Europa, stavo cercando un progetto e ho pensato: "Quei fiumi hanno qualcosa di speciale. Forse dovrei imparare a fare immersioni subacquee, controllare cosa c'è laggiù e, in qualche modo, trovare la strada per tornare in Europa da adulta".
Hobza ha fatto la sua prima immersione nel 2012, dopo avere incontrato un ex subacqueo militare a Istanbul che è diventato il suo Maestro Jedi acquatico. Una volta ricevuta la certificazione di subacquea, l'artista ha infatti realizzato Jedi Master (2011), un cortometraggio sul suo insegnante.
Dopo innumerevoli immersioni, attualmente si trova a metà strada verso la Germania, navigando nel labirinto dei canali olandesi. "I colori peggiori e la peggiore visibilità si hanno in questi canali stagnanti. A volte riesco a malapena a vedere le mie mani. È disgustoso e sa di decomposizione", ha detto. Riportiamo dal suo sito: "A volte mi trovo in zone molto inquinate e l'acqua può essere giallo neon".
Nella sua documentazione ha adottato la prospettiva di un pesce d'acqua dolce. Ha a che fare con l'andare ai limiti della percezione umana, contemplando fino a dove può spingersi la nostra mente e la nostra immaginazione (..) e in qualche modo penso che funzioni bene con le altre specie. Vedo gli esseri umani come un'altra specie animale".
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