«Accettiamo facilmente la realtà, forse perché intuiamo che nulla è reale», tratto da L'Aleph di Jorge Luis Borges è l'esergo nel catalogo della mostra a Venezia di Damien Hirts Treasures from the Wreck of the Unbelievable (Tesori dal relitto dell’Incredibile).
Nel 2017 Damien Hirst organizzava a Venezia una sorta di mostra – spettacolo, definita da molti uno show, che si sviluppava in due parti e spazi diversi a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana. Un lungometraggio – finto documentario ad altissima risoluzione diretto da Sam Hobkinson, poi caricato su Netflix, ne raccontava lo sviluppo e la storia, tutta in stile pubblicitario, come in un doc ad altissima risoluzione del National Geographic. Qui il trailer del documentario.
Questo, in sintesi, era l’antefatto in-credibilie della mostra che veniva descritto nel documentario:
"Una leggenda narra che duemila anni fa, tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., un liberto di nome Aulus Calidius Amotan, conosciuto come Cif Amotan II, ( anagramma di I am fiction), ex schiavo di Antiochia, dopo essersi affrancato, abbia accumulato un’immensa fortuna e creato una collezione di oggetti provenienti da ogni parte del mondo. Poi caricò questa sua collezione su una grossa nave, l’Apistos (che in greco significa l’Incredibile), con destinazione il tempio del dio del Sole che aveva fatto costruire appositamente in Oriente. Purtroppo l’Apistos naufragò e il prezioso carico andò perduto. Ma il ritrovamento compiuto da un gruppo di abili sommozzatori che si inabissano tra coralli e incrostazioni della nave sul fondo marino, nel 2008, di un relitto al largo della costa orientale dell’Africa sembrò avallare l’antica leggenda".
Secondo la curatrice della mostra - show Elena Geuna, Damien Hirst “raccoglie insieme tutte le opere recuperate in quello straordinario ritrovamento”, un progetto realizzato con pazienza, nel corso di dieci anni di lavoro. Dalla fine degli anni ’80 Damien Hirst iniziò infatti a realizzare una vasta serie di installazioni, sculture, dipinti e disegni che inseguivano, anticipavano e insieme ricostruivano questa finzione, raccolta nell’immensa mostra. Nelle sale espositive si susseguivano circa 250 corpi di tutte le dimensioni, da un gigante in vetroresina a sculture di bronzo e marmo e gioielli minuscoli, aventi nella maggior parte la forma di corpi, umani e non. Si trattava di corpi metamorfici che attraversavano il tempo passato presente e futuro, ricoperti di coralli, conchiglie ed escrescenze marine, ma anche corpi che fluttuavano tra generi, famiglie, specie, in parte animali, in parte vegetali, in parte umani o personaggi fantascientifici dei fumetti o della televisione. Scriveva Tiernan Morgan sulla rivista web HYPERALLERGIC https://hyperallergic.com/391158/damien-hirst-treasures-from-the-wreck-of-the-unbelievable-venice-punta-della-dogana-palazzo-grassi/“These larger sculptures resemble pornographic re-imaginings of a Ray Harryhausen film.”
Tra passato, presente e futuro, Hirst mostrava sculture che rievocavano nuovi e futuri canoni di bellezza, statue-modelle seriali che attraversavano i secoli, sculture e mostri che evocavano i corpi mutati dalla scienza a lui e noi contemporanea. La cosa che più colpisce è la serialità ripetuta delle opere e dei corpi esposti, in cui spesso alla medesimo modello venivano attribuiti personaggi e ruoli diversi (a volte antichi e altre volte moderni, come la cantante Rihanna o Karte Moss o Yolandi Visser o MIchey Mouse o Mazinga).
Il passato dialogava con il presente, ma soprattutto con un futuro mitico, che sembrerebbe fantascientifico, ma era ed è piuttosto un in-credibile presente: si veda il piede monumentale su cui si aggrappa il topolino che ha un orecchio "impiantato sul dorso" e che richiama un esperimento realizzato nel 2012. Successivamente, nel 2021, Hirst realizza Archaelogy Now, in cui espone a Roma, in tutte le sale della seicentesca Galleria Borghese, circa 80 sue sculture che hanno fatto parte del maestoso quanto ridondante evento veneziano. In questa -forse- ultima parte del suo progetto, l'artista si confronta ancora una volta con il passato, ma in questo caso costruisce una Archeologia dell'ora, dell'adesso, tentando un dialogo tra il suo alter-ego finzionale ed un vero collezionista del passato, il famoso collezionista cardinale Scipione Borghese, nipote di papa PaoloV. Ci riesce? Impossibile chiederlo al Cardinale.
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Bernini, Ritratto di Scipione Borghese |
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