mercoledì 14 aprile 2021

40c. SISTEMA MOLTO NERVOSO #3 NEURONI SPECCHIO IN AZIONE

MA SI PUO’ SAPERE A COSA SERVONO I NEURONI SPECCHIO? 

Nel loro libro So quel che fai (Cortina, 2006),  Giacomo Rizzolati e Corrado Sinigaglia propongono nella premessa un esempio che colpisce particolarmente per il suo punto di vista sul movimento umano,  inteso dai due scienziati non come un insieme di semplici sequenze esecutive, bensì come una serie di processi che molto hanno a che fare con il sistema cognitivo.  L’esempio è quello dell’afferrare una tazzina di caffè: anche nelle azioni più banali, infatti, come per esempio bere una semplicissima una tazzina di caffè, il movimento non è un unico gesto dell'arto superiore, bensì la risultante di un complesso di azioni coordinate e integrate: occorre identificare la tazzina orientando testa e occhi, localizzarne la distanza e la posizione rispetto al nostro corpo, per poi decidere come muoversi per raggiungerla, che tipo di pressione attuare per non farla cadere e via dicendo.  Non una sola azione, ma un processo. Stante questa premessa, gli autori procedono cercando di confutare, o meglio ritoccare,  lo schema generale che è stato per molti anni un punto fermo della neurologia, e di cui si è accennato sopra, ovvero il modello di corteccia dell’homunculus motorio  di Wilder Penfield,  criticandone la visione scissa tra sistema motorio da un lato e sistemi sensoriali dall’altro e proponendo una visione più complessa e integrata per il controllo e l’organizzazione del movimento.  



Jan Fabre, opera ispirata al ritratto di Mesrine, celebre criminale francese sempre in lotta con le istituzioni. Si noti il profilo che molto assomiglia all'homunculus di Penfield. (2008) 
Il sistema motorio possiede infatti una “molteplicità di strutture e di funzioni tale da non poterlo più confinare al ruolo di mero esecutore passivo di comandi originati altrove”. Ma come le associazioni si trasformano in stimoli motori

Secondo i due scienziati, infatti, alcuni processi, attribuiti solitamente ad azioni di tipo meramente cognitivo, come per esempio il riconoscimento degli atti altrui, possono trovare il loro substrato neurale anche nel sistema MOTORIO:  per esempio, nel determinare la distinzione tra vicino e lontano di un oggetto dal nostro corpo, svolgono un ruolo decisivo non solo le nostra facoltà visive, ma anche le proprietà motorie dei neuroni, che immettono l’informazione visiva in uno spazio di azione potenziale. Ci si trova dunque di fronte a una forma di rappresentazione non solo visiva, ma essenzialmente attiva. Il sistema oculo-motorio richiede infatti un sistema di coordinate che calcoli la posizione degli oggetti nello spazio rispetto all’osservatore, e non solo la loro posizione sulla retina. 

Secondo Rizzolati, il nostro corpo mapperebbe dunque lo spazio che lo circonda, a partire da movimenti prensili, dello sguardo e della locomozione. Rizzolati insiste particolarmente su questo punto, e assume anche alcune considerazioni di Poincaré riguardo alla facoltà innata della specie umana, sviluppata  fin dalla più tenera età, di proteggersi attraverso gesti e movimenti finalizzati a schivare e parare i colpi di possibili diversi oggetti localizzati anche in uno stesso punto dello spazio: gesti che impegnano, nello stesso istante, rappresentazioni visive e motorie. 

Scrive pertanto Rizzolati: “ Lo spazio, quindi, non risulterebbe rappresentato per sé in una qualche area della corteccia cerebrale, bensì la sua costituzione dipenderebbe dall’attività  di circuiti neurali la cui funzione primaria è di organizzare quell’insieme di movimenti che, sia pure con effettori diversi (per esempio braccio, bocca, occhi, ecc.) consentono di agire sull’ambiente circostante, localizzandone possibili minacce e/ o opportunità.". Dagli studi di Poincaré e Merleu Ponty, sappiamo che lo spazio viene compreso da noi esseri umani “nell’iscrivere intorno a noi la portata variabile delle nostre intenzioni o dei nostri gesti” e anche gli strumenti che prendiamo con le nostre mani sono come legati al nostro corpo, come se fossero estensioni dei nostri organi. Si pensi ai lavori di Rebecca Horn e alle sue Extensions

Rebecca Horn, Unicorn, 1970 

Intorno agli anni '90 Rizzolati e Gallese si accorsero che esistono neuroni delle scimmie che rispondono sia quando queste ultime effettuano una determinata azione con gli arti superiori, come per esempio afferrare il cibo, sia quando osservano un altro compiere una azione simile. Nel SNC delle scimmie e dell’essere umano esistono infatti, come nei neuroni tradizionalmente codificati, sistemi di neuroni che si attivano nell’osservare qualcuno che afferra, che manipola o che dispone un oggetto su qualche supporto, Rizzolati e Gallese  li chiamarono NEURONI SPECCHIO.  Questi ultimi si attivano soprattutto quando un soggetto vede una sequenza di atti come afferrare il cibo con la bocca, masticarlo, succhiarlo, ma soprattutto ad atti compiuti dalla bocca con funzione comunicativa.    

Sugli esseri umani questi studi utilizzano registrazioni compiute attraverso l’EECG, Elettroencfalogramma (che rileva le specifiche attivazioni del sistema motorio indotte in soggetti umani dall’osservazione di azioni compiute da altri) e dalla  PET (Positron Emission Tomography) e  dalla fMRI - la Risonanza magnetica funzionale per immagini (Funtional Magnetic Resonance Imaging) che permettono di visualizzare in tre dimensioni e con notevole definizione spaziale le variazioni del flusso sanguigno nelle diverse regioni del cervello durante l’esecuzione e osservazione di specifici atti motori,  misurando così il rispettivo grado di attivazione cerebrale. Oppure si basano anche su sondaggi e misurazioni eseguite su pazienti affetti da  lesioni cerebrali. Secondo i due scienziati, dunque, “il possesso del sistema dei neuroni specchio e la selettività delle loro risposte determinano (…) uno spazio d’azione condiviso, all’interno del quale ogni atto e ogni catena di atti, nostri o altrui, appaiono immediatamente iscritti e compresi, senza che ciò richieda alcuna esplicita o deliberata operazione conoscitiva”. I neuroni specchio agiscono a livello dell’IMITAZIONE e DELL’APPRENDIMENTO ovvero nel Replicare un atto che appartiene al proprio sistema motorio, dopo averlo visto fare da altri, ma anche nell’apprendere un pattern di azione nuovo e nell’essere in grado di riprodurlo nei dettagli. Di fatto - prosegue Rizzolati -  il sistema dei neuroni specchio , indipendentemente dai circuiti mentali in cui si trova immerso, determina l’insorgenza di uno spazio di azione condiviso: se vediamo qualcuno afferrare con la mano del cibo o una tazzina di caffè, comprendiamo immediatamente quello che sta facendo. Che egli lo voglia o meno, nell’istante in cui percepiamo i primi movimenti della sua mano, essi ci “comunicano” qualcosa, ovvero il loro significato d’atto: questo è quello che conta, quello che grazie all’attivazione delle nostre aree motorie, condividiamo con colui che agisce.” Si tratta anche di un meccanismo di risonanza per cui si afferrano gli atti dell’altro, facendoci così comprendere una certa interazione reciproca. In questo modo il tema dello sviluppo del linguaggio non riguarda più solo la bocca e il sistema verbale, ma anche la mano e la mutua interazione tra gesto e voce crea i presupposti della comunicazione animale e umana. 

https://www.li-ma.nl/lima/catalogue/art/jan-fabre-giacomo-rizzolatti/do-we-feel-with-our-brain-and-think-with-our/19566

L’ISOLA DELLE EMOZIONI 

Infine, Rizzolati si chiede quale sia il meccanismo  attraverso cui il cervello elabora gli stimoli che provengono da una particolare espressione facciale dell’altro, per esempio una smorfia di disgusto, emozione quest’ultima intimamente collegata al rapporto con il cibo. L’elaborazione di tali stimoli
si localizza in una zona corticale detta INSULA, (che si trova nel fondo della scissura laterale) centro di integrazione viscero -motoria, in grado di recepire i segnali relativi al gusto e all’olfatto, ma a anche di inviare i segnali involontari di aumento del battito cardiaco, dilatazione delle pupille  e conati di vomito, strettamente collegati a situazioni emotive. Vi sono esperimenti che mostrato come l’insula sia attivata dalle espressioni facciali di disgusto del viso altrui. Secondo gli studi riassunti nell’ultimo capitolo del suo libro da Rizzolati, e partendo dall’analisi del meccanismo di ricezione dell’emozione del disgusto e del dolore, “l‘osservazione di volti altrui che esprimono un’emozione determinerebbe una attivazione dei neuroni specchio della corteccia premotoria. Questi invierebbero alle aree somatosensoriali  e all’Insula una copia dei loro pattern di attivazione, simile a quella che inviano quando è l’osservatore a vivere quell’emozione. Si determinano, attraverso l’attivazione dei sistemi di neuroni specchio,  le condizioni per uno spazio emotivo potenzialmente condiviso: “(…) la capacità del cervello di risuonare alla percezione dei volti e dei gesti altrui e di codificarli immediatamente in termini viscero-motori fornisce un substrato neurale per una compartecipazione empatica che, sia pure in modi e a livelli diversi, sostanzia e orienta le nostre condotte e le nostre relazioni interindividuali .


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