lunedì 11 aprile 2016

5.bis IL NUOVO CANONE DELLA PITTURA ITALIANA MEDIEVALE: LA NATURA E IL SENTIMENTO

L'abbandono dello schematismo bizantino

 CENNINO CENNINI 1437, è il primo trattatista medievale che tramanda un canone come quello di Vitruvio: " Tutto l'uomo è 8,2 visi ( "Ha l'uomo, men che la donna, una costola del petto dal lato manco" il che dimostra che Cennino non ha studiato dal naturale l'osteologia, ma la conosce attraverso la tradizione biblica).

Scriveva di Giotto Cennino Cennini: "Colui che rimutò l'arte del dipingere di greco in latino ridusse al moderno (...)."

Giotto, Compianto su Cristo morto, Cappella Scrovegni, 1303-5, Padova 

 Con Giotto, ma prima di lui con Cavallini, Arnolfo di Cambio e Cimabue, che Giotto probabilmente ha modo di conosce a Roma tra la fine del Duecento e il Trecento, si compie una rivoluzione nell'arte occidentale che inizia a liberarsi dall'astrazione barbarica e dalla tradizione bizantina (greca) per ricollegarsi agli esempi classici del naturalismo romano, cioè (latino). Tramite il recupero della prospettiva e l'uso dei colori e del chiaroscuro, egli conferisce ai personaggi delle proprie pitture la verosimiglianza, il volume, le posture: i cieli diventano azzurri e non più dorati, volti non sono più quelli delle imperturbabili maschere ravennati, ma rappresentano volti di uomini e donne che soffrono, gioiscono, piangono e ridono.

 TRE CROCIFISSI: DA BERLINGHIERO BERLINGHIERI A CIMABUE, A GIOTTO Nei TRE Crocifissi si può vedere il progressivo mutamento di stile, dal bizantinismo di Barlinghiero Berlinghieri alla permanenza di alcuni tratti bizantini in quello di Cimabue, fino all'umanità del Cristo narrata da Giotto. Berlinghiero lo rappresenta secondo la tradizione bizantina del Cristo Trionfante: verticale, con asse centrale, simmetrico, con ventre tripartito, sproporzionato e con una grande testa, bidimensionale, più grande della croce, Cristo non soffre e ha gli occhi aperti: Cristo trionfa sulla morte.

Berlinghiero Berlinghieri, Crocifisso, 1210, Lucca 
Cimabue, il Crocifisso di Santa Croce, 1288, Firenze (foto pre-alluvione)  

Testa piccola, ma più proporzionato, figura realistica, ma senza peso, si incurva dolcemente e sinuoso. Nel Cristo di Cimabue vengono superati molti dei retaggi dell'arte bizantina, come la separazione netta tra i muscoli di braccio e avambraccio, che vengono fusi a livello dei gomiti. Sfuma anche la linea di confine tra il palmo della mano e l'avambraccio, prima delimitata da una linea continua che era tracciata dal pollice fino al polso. Scompare la tripartizione del ventre, il corpo ha il colore della morte , si flette e si inarca staccandosi dalla croce e scompare la doratura delle pieghe del perizoma. Il suo linguaggio nasce dalla cultura bizantina, ma dà un nuovo significato al corpo umano. 

Giotto, Crocifisso di Santa Maria Novella, 1285-1290 

 Riprende la tipologia romanica del Christus Patiens, ma qui il corpo è umano, con le tracce dolorose dell'agonia. Persa completamente l'iconografia bizantina. Il corpo non ha più un andamento sinuoso, ma cade, è pesante. Abbandona le linee di contorno delle membra e dei muscoli. Abbandona le convenzioni espressive bizantine di Cimabue, ,mentre la sua ricerca si concentra sugli atteggiamenti di un uomo che muore: il capo e le braccia crollano, il corpo diventa pensante, non vi è più nulla del composto equilibrio di Cimabue, ma la ricerca della caratterizzazione fisica e psicologica. Giotto, Crocifisso, Padova, Museo Civico, 1303-1305 Qui è crocifisso un uomo, con i capelli sciolti, e non un dio, senza più alcuna rigidità bizantina.

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