venerdì 5 giugno 2020

CAMMINARE #9: PSICOGEOGRAFIE DELL' ERRANZA

Alla fine degli anni ’50, con il movimento internazionale del Lettrismo, teorizzato da Isidore Isou e confluito poi nel Movimento Situazionista, il camminare viene teorizzato come una pratica estetica.
Nel primo numero del bollettino dell’Internazionale Situazionista, pubblicato nel 1958, il camminare si apre al concetto di psicogeografia, definita da Guy Débord, (francese 1931-1994), principale teorico del situazionismo, come “Studio degli effetti precisi dell’ambiente geografico, disposto coscientemente o meno, che agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui”.
In girum imus nocte et consumimur igni di Debord, film, 1978 (100) minuti La frase che dà il titolo al film è un palindromo ed è stata attribuita a Sidonio Apollinare: letta dall’inizio alla fine e al contrario è sempre la stessa
L’esplorazione psicogeografica si traduce praticamente nella deriva, la cui nozione, contrapposta a quella delle passeggiata o del viaggio, è molto più simile al comportamento di quel prodotto della rivoluzione industriale che Charles Baudelaire chiamava la flânerie: una libera esplorazione conoscitiva e analitica del paesaggio urbano e metropolitano non affrettata e libera da programmi.

Scriveva Guy Debord, in La Théorie del la dérive, che si può consultare in lingua originale a questo link:
https://www.larevuedesressources.org/theorie-de-la-derive,038.html :
«Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che sapete, ma in base a ciò che vedete intorno. Dovete essere straniati e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l’alto, in modo da portare al centro del campo visivo l’architettura e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari». (….) «Ci si può lasciar andare alla deriva da soli, ma tutto mostra che la suddivisione numerica più fruttuosa consiste nella formazione di parecchi piccoli gruppi di due o tre persone giunte ad una stessa presa di coscienza, poiché il confronto tra le impressioni di questi differenti gruppi deve consentire di arrivare a delle conclusioni oggettive. É auspicabile che la composizione di questi gruppi cambi da una deriva all’altra. Superando il numero di quattro o cinque partecipanti, il carattere proprio della deriva decresce rapidamente ed in ogni caso non è possibile superare la decina di persone senza che la deriva si frammenti in più derive condotte simultaneamente. D’altronde la pratica di quest’ultimo movimento è di grande interesse, ma le difficoltà che esso comporta non hanno mai sinora consentito di organizzarlo con l’ampiezza auspicabile. La durata media di una deriva è di una giornata, considerata come l’intervallo di tempo compreso tra due periodi di sonno. I punti di partenza e di arrivo, nel tempo, in rapporto al giorno solare sono indifferenti, tuttavia bisogna notare che in genere le ultime ore della notte sono poco adatte alla deriva».

Alcune caratteristiche della deriva erano: l’indeterminazione, l’interesse per la vita reale e la curiosità nei confronti delle informazioni dettagliate fornite dal contesto umano e ambientale.

LE MAPPE CON LE FRECCE


La prima mappa psicogeografica  è stata realizzata da Débord, la Guide psychogéographique de Paris, mappa turistica pieghevole in cui ciò che dà la direzione sono le frecce. 
Si veda anche una seconda  mappa realizzata da Débord The Naked City, Illustration de l'hypothèse des plaques tournantes en psychogéographique. 

Come si può vedere nell’illustrazione riprodotta qui sopra, la deriva si pone come obiettivo di implementare l’informazione bidimensionale della cartografia con apprezzamenti personali attraverso l’uso di altre tecniche di indagine del territorio, come la fotografia, la registrazione audio-video, i diagrammi crono-spaziali, le mappe emozionali, ulteriori cartografie non convenzionali. I luoghi, - come scrive Careri nel suo bel testo  Wallscapes - sono placche , isole, buchi  che si aprono all'erranza. 

MONDI DIVERSI PER  GOOGLE MAPS 
Si vedano, in questo link,  le mappe urbane ri-disegnate dagli artisti americani HEWLETT & KINSEY, con la comunità del loro quartiere, in occasione del passaggio della Google car di Google maps a Pittsburg nel 2008 e quelle, vuote, del tedesco GEFELLER fotografate e ricomposte in un arco di tempo tra il 2003 e il 2013.

FRECCE CHE INDICANO LUOGHI
Si veda anche il progetto di arte pubblica YELLOW ARROW promosso dal 2004 e il 2006, gruppo Count Media, formato da Christofer Allen, Brian House e Jesse Shapins.

DOMANDE AI TEMPI DEL COVID-19:
CI SI PUÒ METTERE IN CONNESSIONE DALLA PROPRIA CASA CON GLI ALTRI IN UN MODO CHE ESULI DALLE PIATTAFORME TANTO SATURATE?
CERCHIAMO ALTRI MODI PER UTILIZZARE LE PIATTAFORME SATURATE? 
QUALI SONO GLI AMBIENTI DELLE NOSTRE CASE: CORRIDOI - LABIRINTI ? STANZE ISOLATE ? COME SONO CONNESSE? COSA LE COLLEGA ALL'ESTERNO?

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.