giovedì 21 marzo 2024

I MICROSCOPICI FRAMMENTI DELLA PELLE DI PENONE

La pelle è un involucro che si può aprire, rivoltare come un abito?  Nelle opere di Giuseppe Penone (Garessio, 1947) la pelle svolge un ruolo attivo, mostrando le sue funzioni:  della pelle Penone mostra le caratteristiche di tessuto che avvolge, contiene, preme sull’involucro, e che si può rovesciare, svolgere. Le immagini che compaiono qui si trovano nel  sito dell'autore.


Rovesciare i propri occhi,
1970. E' una fotografia in cui l'artista ( che lavora sempre con il proprio corpo) copre le pupille con lenti specchianti: l'effetto è quello del viso di un cieco, i cui occhi sono annullati nella loro funzione di specchio dell’anima, perchè la loro anatomia è rovesciata. Essi riflettono la luce e non la trattengono, diventando gli effettori di una propsettiva al contrario, emenano la luce piuttosto che raccoglierla.
Svolgere la propria pelle, 1970. Sono 607 fotografie delle diverse parti del suo corpo premute su vetrini fino a registrare la sua intera anatomia; i frammenti corporei (più di cento) sono stati poi riassemblati in una griglia di minuscole immagini che mappano il suo paesaggio personale. Appare come un’opera in bianco e nero su una grande superficie: una sorta di archivio, mappatura cartografica della sua pelle e del suo corpo, che pur composto da innumerevoli immagini fotografiche, mantiene volutamente una sua pittoricità frammentaria. Il tipo di mappa realizzata si dice a “Mercatore”,  termine derivato dal nome dell’inventore di questo tipo di cartografia vissuto nel XVI secolo. 

Svolgere la propria pelle – Pressione su carta, 1974. Al centro della composizione si trova un piccolo rettangolo nero: si tratta di un pezzo di nastro adesivo trasparente che riporta la stampa di un lembo di pelle dell'artista spolverato di grafite. Penone ha trasferito quella stampa sulla carta come punto di partenza per la sua composizione, ingrandendo la "stampa della pelle" a matita morbida. 
Quest'opera introduce al lavoro che Penone compie, successivamente, a distanza di trent'anni,  con l’opera Spoglia d’oro su spine d’acacia, del 2002, che fa parte della collezione alla Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma. Qui una foglia d’oro con le impronte dell’artista giace su una sorta di colonna vertebrale disegnata da miliardi di spine su una tela lunga trentasette metri e ricoperta da spine di acacia. La pelle è diventata irta di spine, irsuta si direbbe, in un divenire animale dell'umano che apre una connessione tra specie diverse. 

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