A quanto pare si, solo gli esseri umani possono performare, almeno secondo lo studioso franco-tedesco Jens Hauser. In un suo testo pubblicato nel libro Art biotech, (nel catalogo della mostra a sua cura del 2003, L’Art biotech, svoltasi presso Le lieu Unique a Nantes e pubblicato in edizione italiana aggiornata cura di Pierluigi Capucci e Franco Torriani per CLUEB, 2017), lo stesso autore definiva il corpo degli esseri viventi come un campo di battaglia per le discussioni biopolitiche. Nella mostra si raccoglievano opere che utilizzavano le biotecnologie come strumenti della loro pratica artistica, facendo pensare al lavoro degli artisti delle prima e della seconda avanguardia.
Nel 2021 Jens Hauser si spinge più avanti ed esplora nuovamente il campo delle arti che si occupano delle ripercussioni della manipolazione tecnica in atto in ambito biologico e ambientale, in un breve testo scritto in collaborazione con l'artista e ricercatrice Lucie Strecter, On Microperformativity. Il testo accompagnava un festival da lui curato, che aveva l'obiettivo di sollecitare artisti e studiosi in un confronto con un pensiero che fosse in grado di superare l’Umanesimo, che lui, insieme con Richard Schekner - il teorico americano della Performance - considerava come una potente ideologia arrogante, antropocentrica, espansionista.
Nel suo testo, l'autore cita alcune mostre che hanno messo a tema la microperformatività , a partire da quella già citata:
skinterface: Exploding borders- Creating membranes in art, technology and Society (FACT, Liverpool, 2008, Casino Luxemborg- Forum d'Art Contemporain, 2009)
May the Horse live in me/Art Orienté object ( Kapelica Gallery, Ljubijana, 2011),
SO 3 (three tender significant others) (Espace Multimedia Gantner, Bourogne 2015),
Click Festival "On Microperformativity", (Helsingør, 2016),
Devenir Immobile/Yann Marussich (Le lieu unique, Nantes, 2018),
{un][split} Micro Performance & Macro Matters (Muffathalle, Munich, 2018),
Applied Microperformativity: Live arts for a radical socio-economic turn (Angewandte Innovation Lab [AIL], Vienna, 2018), in connessione con Elise-Richter-PEEK project ‘The Performative Biofact’ funded by the Austrian Science Fund (FWF), OU\ /ERT. Phytophilia - Chlorophobia - Situated Knowledges (Emmetrop- Antre Peaux, Bourges, 2019).
Partendo da una riflessione sulla violenza della microperformatività del coronavirus, Jens Hauser individua, alltraverso l'esplorazione di alcune pratiche e teorie artistiche messe in atto in queste mostre, e in cui vede il prevalere, simmetricamente rispetto a una tendenza verso la destabilizzazione della scala umana (sia spaziale che temporale), un orientamento verso agenti e corpi non umani.
Queste sono le domande che si pone lo studioso: A cosa si riferisce oggi la parola corpo? Cosa significa liveness?
TAGNY DUFF
Artista interdisciplinare canadese che ha lavorato in Australia, fondatrice di Fluxmedia, Tagny Duff si occupa di forme di vita microscopiche e molecolari, lavorando con i virus - non sui virus come tematica, ma esplorandoli in quanto entità biologiche, molecolari, culturali e digitali - e si rende conto che i virus sono spesso considerati come un intrusi da combattere e d eliminare. Tuttavia, il contagio virale può svolgere un ruolo importante nello sviluppo evolutivo dei corpi: recenti studi di paleogenomica hanno infatti scoperto fossili virali endogeni in corpi (umani, animali e vegetali) che risalgono a milioni di anni fa.
Ci sono relazioni simbiotiche tra il virus e il corpo dell'ospite? Per rispondere a questa domanda, l'artista ha documentato visivamente e testualmente la sua ricerca condotta con i retrovirus nel laboratorio scientifico e ha costruito una serie di prototipi artistici per una futura installazione performativa interattiva con cui i visitatori sono stati invitati a interagire. I corpi umani necessitano di virus per evolversi come specie, così come i virus necessitano di incubatrici umane per prosperare. Insieme ad altre forme microbiche, queste entità non umane obbligano a un ripensamento dello status di vivacità a scale percepibili ma anche impercettibili per l'uomo. Per capire meglio come i virus si muovono nelle cellule e generano un'interrelazione con gli esseri umani, l'artista ha dovuto coltivare e trasfettare le cellule in vitro in un laboratorio scientifico, dovendo necessariamente imparare a lavorare con molta accuratezza per non essere lei stessa infettata (è possibile farlo congelando il virus a -80 gradi). Così scrive lei stessa: «Lavorare in laboratorio con virus, cellule e tessuti comporta una serie di percezioni sensoriali e viscerali: calore, umidità, pressione, tatto e suoni sono fattori determinanti per la crescita delle cellule e per le condizioni di passaggio dei virus attraverso le pareti cellulari. Il modo in cui tengo la pipetta e distribuisco il terreno di coltura per alimentare le cellule ha un impatto sulla loro struttura cellulare. Una quantità eccessiva o insufficiente di terreno potrebbe causare la morte delle cellule. Inoltre, le cellule non assorbono i vettori virali con la stessa rapidità se l'incubatore non è impostato su una temperatura corporea. Anche alcune frequenze e vibrazioni dovute alle voci umane e al movimento nel laboratorio possono inibire o generare la crescita dei virus. Come artista che lavora in queste condizioni, mi preoccupo costantemente di mantenere le condizioni ambientali e di sicurezza necessarie per la cura dei campioni».
Tagny Duff, Cryobook Archives, 2016 |
Cryobook Archives, 2016, https://bridge.art.msu.edu/video/,
Quattro sculture sono esposte dentro un'unità di congelamento portatile trasformata in una teca, un specie di biblioteca mobile in miniatura. Le sculture sono quattro libri fatti a mano con tessuti umani di volontari che hanno subito interventi chirurgici, e animali ex-impiantati, cellule HaCat e un virus biologico sintetico (Lentivirus). Per realizzarli l’artista ha utilizzato tecniche di ingegneria delle colture tissutali, come la trasfezione e le procedure di colorazione immunoistochimica, insieme alle tradizionali tecniche di rilegatura dei libri. Qui si possono leggere diversi post scritti da Tagny Duff nel blog scritto dall'autrice. Altro link utile: https://www.concordia.ca/faculty/tagny-duff.html
Scrive l'artista proposito della ricerca e dei metodi per produrre il sapere scientifico: "In laboratory practices, computer programming and archival sciences, the prevention of contamination is believed to be an important strategy for stabilizing, preserving and generating knowledge and information.The cryobooks propose a rethinking of this belief by exploring how ‘synthetic’ and ‘wild’ viral and microbial forms of life are implicated in the production of emerging forms of life and knowledge."
Hauser si sofferma anche sulle pratiche di Yan Marussich, artista performer danzatore e coreografo svizzero che esplora, mediante gesti minimi o impercettibili che rasentano l'immobilità, il rapporto del suo corpo con “performer” non umani. Le sue sono performance che si svolgono in perfetto silenzio e profonda concentrazione.
Yan Marussich, Autoportrait dans un fourmilière, 2003 |
Blanc (2015) è una performance in cui l'artista, vestito di bianco chiede ai visitatori della sua mostra di srispondere a una sua domanda che rigiarda la morte
Bain brisé (2010)è un'altra performance in cui resta per un'ora circa in una vasca da bagno piena di vetri rotti, con un braccio che fuoriesce con un pugno, per poi uscirne molto lentamente. https://www.yannmarussich.ch/perfos.php?p=28
Autoportrait dans un fourmilière (Autoritratto in un formicaio ) (2003). Anche in questo caso Marussich si interroga con gli spettatori sulla morte giacendo immobile, stavolta, per 5 ore in una teca di vetro dove ha sede un formicaio. Su ogni lato, lo spettatore ha a disposizione delle cuffie che riproducono tre fonti sonore distinte. Sempre ai lati, quattro schermi mostrano primi piani del corpo dell'artista e delle formiche, ripresi in diretta da quattro telecamere.
KLAUSS SPIESS/ LUCIE STRECKER
Klauss Spiess, austriaco con una formazione come endocrinologo, psicosomatico e antropologo medico, lavora come professore associato presso l'Università di Medicina di Vienna, in Austria e collabora con Lucie Strecker, tedesca, artista e ricercatrice in performance art e arte ibrida. Insieme sviluppano performance/installazioni transdisciplinari su temi di biopolitica.
Microbial Keywording ( 2020) https://vimeo.com/379866513
Microbial Keywording, 2020 |
In questo lavoro la coppia esplora un linguaggio ibrido che elabora non solo simboli formali, ovvero ciò che viene pronunciato attraverso la bocca, parole, suoni, glossolalie, ma interagisce con i microbi che proliferano in essa. Nelle loro performance raccolgono i microbi orali del pubblico, quindi, utilizzano uno spettrogramma vocale attraverso il quale i fonemi pronunciati ripetutamente azionano pompe che aggiungono feromoni ai microbi contenuti nella saliva per un certo periodo di tempo. Gli artisti lavorano quindi alla produzione di un "linguaggio microbico", in cui i microbi e il linguaggio si incontrano. Osservando la diminuzione delle differenze rispettivamente tra le diverse lingue e i diversi microbiomi, cercano le assonanze tra biologia e linguaggio. Si veda l'articolo pubblicato nel sito di Ars Electronica
THOMAS FEUERSTEIN
Artista viennese, Thomas Feuerstein è autore di Prometheus delivered, (2017), un lavoro che ha come soggetto un'opera scultorea di Nicolas Sebastien Adam (1762). L'agente performer in questo caso è un batterio chemioautotrofo, processato da un bioretatore KAZBEK , che produce i batteri delle cellule del fegato umano. L'acqua del processo acida penetra attraverso i tubi nella scultura e la degrada progressivamente, come se fosse un corpo vivo: i batteri del fegato corrodono il corpo di Prometeo, come il fegato dell'eroe mitico viene mangaito da un'aquila.
Thomas Feuerstein, Prometheus delivered, 2017 |
JULIA BOROVAYA
L'artista moscovita Julia Borovaya è affascinata dalle sostanze e dalle loro qualità chimiche e fisiche. Le sue opere fondono la tecnologia con le molecole. Con Edward Rakhmanov, Borovaya ha co-fondato al Dipartimento di Chimica dell'Università di Mosca il SAVE lab, una piattaforma collaborativa per lo studio della chimica, biologia e fisica in una prospettiva artistica.
JULIA BOROVAYA, Cristal, 2020 |
CRYSTAL (2020) è un'opera performativa in cui utilizzano il CH3COONa, acetato di sodio, il sale di sodio dell'acido acetico. Il progetto esplora l'incontro diretto tra un essere umano e una determinata sostanza chimica o fisica, al fine di dimostrare le loro qualità. Quando un corpo entra in una soluzione supersatura raffreddata, oppure quando si verifica un movimento o una semplice variazione, si ha un fenomeno di cristallizzazione. Si verifica così un'interazione diretta tra il corpo umano e la sostanza chimica. La soluzione supersatura viene versata in una vasca di vetro lunga180 cm e larga 70 in cui si immerge un performer dotato di un tubo di respirazione e ad un certo punto inizia la cristallizzazione provocata dal performer. In circa 20-30 minuti il suo corpo viene completamente ricoperto di cristalli e l' osservatore stenta a vederlo. Il performer ha il compito principale di monitorare la sostanza e di interagire in qualche misura con il liquido e il solido cristallino. Quando l'esecutore si immerge, si trova virtualmente in uno stato antigravitazionale, drammaticamente diverso dallo stato liquido e gassoso della materia.
Si veda anche CRYSTAL, The mental body of menthol, 2019, in cui il corpo della performer si relazione con gli stadi differenti di cristalli di mentolo: la pianta diventa un la pianta diventa un cristallo, poi un vapore, poi un dendrite. vedi il video della mostra al Museum of Now